La marca personale, o personal branding, ha smesso da tempo di essere semplicemente un’ostentazione da consulenti in giacca slim. È diventata la “voce fuori campo” che parla di te quando mandi un CV, presenti un progetto, o incroci qualcuno durante un evento e speri che si ricordi di te per qualcosa di diverso dal feed del tuo profilo Instagram. Non serve diventare un personaggio dei comics, basta diventare autentici e riconoscibili. Ed è proprio qui che molti inciampano.
Alcuni credono che basti un logo con le iniziali, un filtro arancione sulle foto e un paio di frasi motivazionali. Funziona per due settimane, poi il castello crolla, perché manca una direzione coerente. Un personal branding non nasce dall’imitazione o dalla voglia di vaneggiarsi, nasce da un posizionamento chiaro, sostenuto da scelte costanti. Richiede una strategia e una certa onestà: non puoi indossare un costume ostentando un talento che non pratichi e camuffarti dietro un’identità che non ti appartiene.
La percezione di chi sei non è un’opinione
Molte persone temono la parola “marca” perché sembra un’etichetta rigida. In realtà, indica la percezione che gli altri hanno di te, con o senza il tuo permesso. Puoi ignorarla, però continuerà a esistere indipendentemente dalle tue intenzioni. Tanto vale sfruttarla bene.
La domanda vera è: come vuoi essere ricordato dopo una conversazione? Un analista che semplifica ciò che sembra complicato? Una designer che fa hype tra la gente? Uno startupper che propone soluzioni innovative? La risposta definisce il tuo spazio narrativo, una bussola che orienta ciò che racconti nella giusta direzione, evitando contenuti buttati a caso. Così chi ti segue ti riconosce, e la tua reputazione si consolida senza usare trucchi da Mago Pop.
Fai uno storytelling coerente, ma non cadere nella monotonia
Spesso si confonde la coerenza con la noia. In realtà, essere coerenti significa lavorare con gli stessi criteri, non con gli stessi contenuti.
Puoi raccontare ciò che fai in modi diversi, con vari toni e stili, purché il filo rimanga leggibile. Alcuni giorni userai un linguaggio più tecnico, altri più narrativo. Questo dipende anche molto dalle piattaforme tramite le quali ti esprimi e comunichi. L’importante è che le persone riconoscano che sei tu, perché così la coerenza aiuterà a costruire fiducia.
Quali sono gli strumenti più importanti per il personal branding?
Un post racconta un punto di vista, un evento, un’esperienza. Non deve cambiare il mondo, basta che sia utile e leggibile. Quando scrivi, evita l’intonazione dei vendehumos online che parlano come se stessero riscrivendo la storia. Non devi convincere un pubblico globale, devi arrivare alle persone che contano davvero e far capire perché vale la pena entrare nel tuo mondo. Sono quelle che potrebbero lavorare o collaborare con te, oppure ricordarsi di ciò che offri nel momento in cui ne avranno bisogno.
Per arrivare a quelle persone serve scegliere i canali giusti. Ogni piattaforma ha il suo ritmo e, se lo rispetti, il messaggio arriva meglio. Un blog ti permette di fare delle riflessioni e argomentare con calma. LinkedIn richiede chiarezza e zero giri di parole. Instagram vive di reel e caption che non risultino cringe ai più giovani. Facebook funziona quando racconti dei casi interessanti. TikTok vuole spontaneità e velocità, non monologhi infiniti. YouTube offre spazio per uno storytelling più completo. Gli speech e le interviste fanno emergere i tuoi valori e come la pensi sul mondo, non solo cosa scrivi.
Non devi essere ovunque, anche se in certi casi può essere utile. Devi solo capire quale comunicazione si adatta di più al tuo stile. È così che il tuo personal branding smette di essere una nube di idee vaghe e sviluppa un’identità riconoscibile.
La tua reputazione digitale dipende direttamente dal personal branding
Il personal branding incide in modo diretto sulla tua reputazione digitale. È uno dei principali input che la alimentano: ciò che dici, come ti presenti, il modo in cui racconti il tuo lavoro e le tue idee diventano materiale che le persone usano per capire chi sei. Quando chi ti cerca online, in pochi click trova informazioni chiare e aggiornate che ti riguardano, stai facendo bene: fiducia e credibilità crescono, e la tua reputazione prende forma senza bisogno di prodigi.
In tuo supporto, ci sono varie accortezze che ti permettono di sfruttare questo presupposto proprio per far circolare il tuo nome nel modo giusto. Un profilo curato, contenuti che mostrano in maniera trasparente come lavori, rassegne stampa, interviste, articoli nel tuo blog personale, e perfino una pagina “About us” che ispiri affidabilità. Sono tutti piccoli elementi che, messi insieme, rendono la tua reputazione online più solida di qualsiasi autocelebrazione.
Quando serve, appoggiati a chi lo fa di mestiere
Durante questo percorso capita di accorgersi che fare tutto da soli può diventare sfiancante. Il personal branding è una costruzione complessa, soprattutto quando devi distinguerti dalle mode passeggere che girano online. In certi momenti serve qualcuno che guardi il tuo lavoro senza esserne coinvolto emotivamente. Uno sguardo esterno individua subito ciò che funziona e ciò che stona.
Il supporto può arrivare in molte forme. In un incubatore o in uno spazio coworking come quello del nostro hub BarrioLink trovi mentor, sessioni mirate e persone che ti aiutano a strutturare la tua presenza digitale mentre fai crescere il progetto. Un’agenzia specializzata in comunicazione e SEO può affinare ciò che già fai, trasformando comparse sporadiche in un posizionamento solido sui quotidiani e sui principali motori di ricerca.
E poi c’è il lavoro più mirato, quello di chi vive di branding. Figure che aiutano aziende, negozi e startup a costruire identità solide anche nei contesti più saturi. I servizi offerti da Barriolink coprono esattamente questo tipo di esigenze, dal posizionamento alla costruzione dell’immagine.
