C’è chi vede l’Intelligenza Artificiale come il male assoluto, come un dittatore sanguinario che ha come obiettivo distruggere una parte dell’umanità. C’è chi afferma che la SEO e il copywriting sono morti e sepolti, che l’IA si sostituirà inesorabilmente all’esperienza e alle skills di milioni di lavoratori digitali. Noi di BarrioLink la pensiamo in maniera differente, o meglio pensiamo che l’intelligenza artificiale sia solo uno dei nuovi strumenti da imparare a usare, come abbiamo già fatto in passato con altre tecnologie rivoluzionarie, per migliorare il valore assoluto del nostro lavoro.
Io, personalmente, vengo dal settore della SEO e del Branding e sono abituato ad aiutare i miei clienti basandomi sui vecchi strumenti e su quasi 20 anni di esperienza tra keywords e giornalismo. Sto mantenendo ancora questo approccio perché senza una base solida da cui partire è impossibile far crescere la visibilità dei miei clienti. Tuttavia, non posso negare che è indispensabile adeguarsi a questa fase di transizione e sfruttare l’IA per portare traffico ai siti dei nostri clienti, senza snaturare l’approccio della SEO classica e della comunicazione.
Gli unici dubbi che abbiamo sono due: il primo è quale ruolo Google e gli altri colossi rivestiranno nel fornire risposte agli utenti. Saranno dei monopolisti oppure daranno spazio anche ai risultati organici? Il secondo è legato invece al cambiamento nell’user experience dei lettori: ovvero, si abitueranno a prendere in considerazione solo le risposte brevi dell’IA oppure vorranno approfondire gli argomenti spulciando altre fonti?
È ancora presto per dare una risposta a queste due domande, ci sarà tempo per parlarne in futuro. Adesso, lasciamo da parte questa introduzione necessaria e passiamo al grano.
L’intelligenza artificiale ha modificato radicalmente la ricerca degli utenti
Oggi, milioni e milioni di utenti conversano e dialogano con tutte le forme di IA presenti su Google, ChatGPT, Gemini, Copilot, ecc. Le ricerche classiche stanno scomparendo per essere rimpiazzate da conversazioni dirette e dialoghi con l’IA. Se prima consultavamo le prime due pagine di risultati su Google per una banale ricerca, oggi ci affidiamo agli assistenti IA.
A causa del filtro di visibilità imposto dagli agenti IA, molti siti hanno perso visibilità, mentre altri hanno aumentato il loro traffico, come avviene periodicamente con gli update di Google. Ma mentre i core update compensano mediamente i cambi di traffico tra competitors, i filtri dell’IA rischiano di creare posizioni monopoliste e di mandare in frantumi il lavoro editoriale e di divulgazione di milioni di siti.
Ad esempio, i nuovi AI Overviews di Google riassumono i risultati delle nostre ricerche nella parte superiore della SERP, di conseguenza l’interazione dell’utente finisce rapidamente senza cliccare sulle fonti consigliate e senza consultare i primi 5-10 risultati della SERP.
Per esempio, una ricerca come “piattaforma link building copywriting” non porta più a una sessione. Appare un riassunto generato dall’IA che cita in Italia Prensalink senza bisogno di entrare nel sito web. Tra l’altro il risultato è poco coerente visto che la presenza di Prensalink in Italia è veramente ridotta…
Allo stesso tempo, aprendo il form otteniamo una serie di Faq (nello specifico 9) con un link finale racchiuso in un’icona. Morale della favola, i primi 10 risultati sono determinati dall’IA, poi troviamo spesso gli annunci sponsorizzati di Google Ads e, infine, i risultati della Serp Organica.
Da questa considerazione appare evidente che uno degli obiettivi primari dei SEO è comparire anche nel ‘carosello’ generato dall’ AI Overviews di Google. Per farlo è necessario crearsi un buona Authority IA.
Che cos’è l’ Authority IA?
Per spiegare meglio cos’è l’Authority IA ho chiesto aiuto al fautore di questo termine, il nostro amico ChatGpt.
L’Authority IA (o Authority Intelligence Artificial) è un concetto nato con l’evoluzione della ricerca online nell’era dell’intelligenza artificiale.
In sintesi, descrive il livello di autorevolezza e fiducia che gli agenti di IA – come ChatGPT, Gemini, Copilot, Perplexity o gli stessi AI Overviews di Google – attribuiscono a un brand, a un sito o a una fonte quando devono decidere quali contenuti citare nelle loro risposte.
Non si misura più soltanto con i link o con le parole chiave, come nella SEO tradizionale, ma con una combinazione di fattori più ampi:
- Presenza su media e fonti rilevanti: apparire in siti di informazione riconosciuti e autorevoli.
- Coerenza tematica: pubblicare contenuti chiari e specializzati, che consolidano l’immagine di esperto in un determinato settore.
- Segnali di fiducia: dati verificabili, citazioni, testimonianze e reputazione online.
- Riconoscibilità del marchio: essere menzionati spontaneamente da utenti e piattaforme come riferimento affidabile.
L’idea di fondo è che, in un contesto in cui sempre più ricerche non portano clic ma vengono “riassunte” dall’IA, la vera sfida non è più soltanto posizionarsi nei ranking di Google, ma essere citati direttamente dall’IA come fonte autorevole.
Grazie ChatGpt… ma questa combinazione di fattori è la base della SEO Classica o almeno di quella che le agenzie che fanno parte dell’Hub Digitale di BarrioLink (come Tetogo e RiversoAdvertising) portano avanti da molti anni. Ergo, a tutti i colleghi SEO, non c’è nessuno motivo di spaventarsi, quasi tutte le nostre strategie ruotano attorno alla combinazione di questi quattro fattori. Quindi, se riusciamo ad aggiustare leggermente il tiro per entrare nel cervello dell’IA (BrAIn) otterremo quel livello di reputazione e fiducia che gli agenti attribuiscono a un marchio quando decidono di citarlo nelle loro risposte.
La visibilità online non si gioca più sul terreno dei clic, ma su quello delle citazioni. Gli utenti non digitano semplicemente query, ma pongono domande. E le risposte non arrivano soltanto da Google: sempre più spesso vengono filtrate da assistenti di intelligenza artificiale come ChatGPT, Gemini o Copilot.
In questo nuovo scenario, la visibilità non si misura più con il ranking tradizionale, ma nel fatto che l’IA selezioni un sito come fonte autorevole. Non si tratta di un aggiornamento tecnico, bensì di un cambio di paradigma: non si compete più per scalare le SERP, ma per essere riconosciuti come affidabili, utili e rilevanti.
Nasce così il concetto di Authority IA: il nuovo standard di visibilità che non si basa su posizioni, ma su menzioni. Un sito esiste nella misura in cui viene citato dagli agenti di IA. Questo articolo è una guida pratica per capire come adattarsi, affinché i contenuti non siano solo letti, ma anche richiamati e riutilizzati.
Authority IA: le nuove regole della SEO tra link, contenuti e visibilità AI
1. Il ruolo dei link nell’era dell’IA
I link (e la link building in generale) non hanno perso valore, anzi: oggi contano più che mai all’interno di una strategia generale SEO o di branding. Tutte le tipologie di link (follow, nofollow e sponsored) sono importanti, come fondamentali sono i contenuti per aumentare la reputazione, presenza e autorevolezza dei brand per cui lavoriamo.
Gli algoritmi di IA selezionano le fonti in base alla loro credibilità complessiva. Per questo è fondamentale comparire con dei contenuti rilevanti su blog, magazine e testate di rilievo ottenendo backlink da siti affidabili, reali e riconosciuti.
Un link, nell’era dell’IA, non è assolutamente differente rispetto a un link nell’era precedente: in entrambi i casi, se fatto bene, rappresenta un fattore di posizionamento e una validazione della tua autorità.
2. Contenuti che generano valore reale
Da sempre la nostra filosofia a livello di copywriting è quella di evitare l’eccessiva ottimizzazione SEO, e di puntare sulla redazione di articoli chiari e utili e ai lettori. Pubblicare in quantità industriali serve se gestisci un sito come LaVanguardia o AS che grazie all’immensa base social ti consente di ottenere traffico non legato alle dinamiche volubili di Google. Per essere presente nei risultati della nuova Serp regolata dall’IA serve, – come già avveniva nel passato per numerose nicchie -, rispondere a dubbi e domande complesse con competenza.
Un articolo de “puta madre” deve sempre risolvere problemi concreti, evitando semplificazioni superficiali e thin content. Includere casi pratici, esperienze e analisi originali. Offrire dati proprietari e insight unici. E, infine, concentrarsi su uno specifico ambito di specializzazione per consolidare l’autorità del brand in quel settore.
L’Authority IA valorizza la conoscenza utile, non i testi riempitivi. Serve pianificazione, visione e la capacità di integrare servizi gestiti in grado di guidare la strategia.
3. Rendere i contenuti leggibili dall’IA
I modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) hanno bisogno di contenuti strutturati e modulari, facili da riutilizzare nelle risposte. Anche in questo caso abbiamo chiesto all’esperto ChatGpt che ci ha fornito le 4 regole chiave:
- utilizzare titoli gerarchici (H2, H3) e liste puntate;
- suddividere i testi in blocchi autonomi con valore proprio;
- integrare definizioni, tabelle, consigli pratici e formati scansionabili;
- citare in modo coerente entità riconoscibili (marchi, persone, luoghi).
Non si tratta più solo di scrivere articoli, ma di costruire moduli di conoscenza, leggibili sia dalle persone sia dall’IA.
Il nostro consiglio, dato che ci troviamo in una fase di transizione, è quello di effettuare dei test pubblicando sia contenuti basati su modelli LLM, sia articoli senza tutti questi orpelli ma che abbiano valore, comprensibilità e sintassi di livello assoluto.
4. SEO personalizzata su intenzione e contesto
Questo è un tema molto caro ad alcuni nerd del settore, ma lo riteniamo importante per incrementare l’efficacia di qualsiasi strategia SEO. La SERP non è più uguale per tutti: i risultati possono variare in base a cronologia, posizione geografica, dispositivo e perfino alla conversazione precedente con un agente IA.
In assenza di un contesto statico, anche la migliore strategia SEO perde la sua efficacia. Occorre quindi sviluppare contenuti adatti a diversi livelli di competenza, adattarsi alle variazioni semantiche visto che gli utenti comunicano in maniera differente la stessa intenzione di ricerca e testare la resa dei contenuti da più profili e localizzazioni.
Questo è il SEO contestuale, l’unica via per competere in un ambiente sempre più frammentato.
Authority IA: Metriche, Tone of Voice e Strategia
L’intelligenza artificiale viaggia a una velocità che molti professionisti faticano a seguire. Nella prima parte di questa guida vi abbiamo parlato del nuovo modo di effettuare ricerche da parte degli utenti. Poi abbiamo introdotto il concetto di Authority IA, spiegando come e perché alcuni contenuti vengono selezionati, citati e linkati dagli agenti di intelligenza artificiale. Infine ci siamo occupati delle ‘nuove regole’ SEO, che rappresentano solo un corollario (o un reminder) a quanto si faceva già nel passato recente.
Comprendere queste dinamiche è solo il primo passo. Il vero terreno di gioco è l’applicazione pratica: saper ridefinire le metriche, costruire una voce che si differenzia dalla massa, rafforzare il marchio e passare da un approccio improvvisato e superficiale a una strategia consapevole. Tutto questo ci permette di essere riconosciuti come rilevanti da macchine e persone e di conseguenza di ottenere maggiore visibilità e fatturato.
1. Nuove metriche per un nuovo scenario
Comparire nei riassunti generati dall’intelligenza artificiale non significa registrare visite in Google Analytics. Come spiegato in precedenza, i nostri contenuti possono essere utilizzati e citati dagli agenti IA senza che l’utente arrivi effettivamente sul sito. È per questo che l’analisi delle metriche non può più limitarsi al conteggio delle sessioni.
Accanto all’analisi dei dati tradizionali diventa decisivo misurare quante volte un brand viene menzionato nei riassunti, quanto cresce il volume delle ricerche dirette, quale spazio occupa all’interno di piattaforme come Gemini, ChatGPT o Perplexity e quale livello di interazione riesce a generare all’esterno grazie ai contenuti replicati o condivisi.
Leggere soltanto i numeri di traffico equivale a fermarsi alla copertina di un libro: ciò che conta davvero è la storia completa, l’impatto che un marchio riesce a costruire nel tempo e la solidità delle strategie di visibilità messe in campo.
2. La tua voce come vantaggio competitivo
In un ecosistema, quello web, ormai saturo di contenuti automatizzati e di bassissima qualità, chi comunica male o come una macchina diventa col tempo invisibile. L’unico elemento che nessun algoritmo può replicare è il punto di vista umano, e direi anche il proprio estro, le proprie competenze e il proprio stile. Per differenziarsi dalla massa ed essere visibili non basta rispettare le regole tecniche della comunicazione: serve scrivere con originalità, dare forma a un tono editoriale riconoscibile dagli utenti e avere il coraggio di esprimere opinioni nette, anche quando possono dividere la platea dei lettori. La voce personale diventa così il vero marchio distintivo, l’impronta che rende un contenuto unico.
3. Il marchio come garanzia di ricerca
Se un utente non ti conosce o non ti ricorda, finirà per accettare la risposta generica fornita dall’intelligenza artificiale. Nell’era dello zero-click, la sopravvivenza digitale dipende dalla capacità di costruire un marchio che venga cercato direttamente per nome. Per raggiungere questo obiettivo è necessario sviluppare un’identità editoriale coerente, definire una proposta chiara e riconoscibile e consolidare la propria presenza oltre i confini di Google. Non è più sufficiente comparire tra i risultati deñña Serp: oggi la vera sfida è restare impressi nella memoria degli utenti, diventare un punto di riferimento su determinati argomenti che non si esaurisce nella logica degli algoritmi.
La SEO resta centrale, ma cambia pelle
La SEO non è stata mai una combinazione di tecnica e intuito. È una disciplina strategica, dove ogni azione deve avere un obiettivo preciso: essere citati, linkati, utilizzati, cercati. L’IA può sintetizzare risposte, ma non può sostituire la visione strategica, la costruzione di una comunità o la definizione di un criterio editoriale. Questi resteranno sempre dei compiti umani. Ed è qui che la SEO ritrova la sua forza: contenuti di qualità, strutturati con intenzione e capaci di generare reputazione e autorevolezza. Nessuno dei nuovi modello linguistici può rimpiazzare questo. La SEO è viva, ma solo per chi sa adattarsi al cambiamento. La nuova era non si gioca sulla quantità di clic, ma sulla capacità di essere riconosciuti come fonti autorevoli in un ecosistema dominato dall’intelligenza artificiale.